2017 |
Palazzo del Cinema - Largo Firenze 1 - Ravenna
28 ottobre - 5 novembre
28 ottobre - 5 novembre 2017 | Palazzo del Cinema - Largo Firenze 1 - Ravenna

MASTER CLASS E LEZIONI DI NERO EDIZIONE 2016

Due sezioni importanti del RNFF un appuntamento con l'Università e la Master Class dello sceneggiatore Altieri e la Retrospettiva dedicata al genere noir con Lezioni di Nero della Sansone.

 

Masterclass di Letteratura & Cinema e gli incontri con gli autori 

Nevio Galeati, direttore artistico del festival GialloLuna NeroNotte, intervista lo scrittore e autore Sergio "Alan” D. Altieri, protagonista de L’arte del racconto, la Masterclass di letteratura, narrazione e cinema realizzata in collaborazione dai festival RNFF e GialloLuna NeroNotte. 



Retrospettiva Lezioni di Nero

Mariangela Sansone, critico letterario e curatrice della Retrospettiva Lezioni di Nero, presenta la rassegna dedicata al neo-noir attraverso tre capolavori del genere: L’amico americano di Wim Wendres, Brivido Caldo di Lawrence Kasdan e Chinatown di Roman Polanski. 



Il critico cinematografico Mariangela Sansone ci racconta il Neo Noir con Lezioni di Nero 

 

“La risposta a una situazione storica che non esiste più. Le tecniche continuano a essere utilizzate, ma l’anima è scomparsa”, così Michael Chapman, direttore della fotografia di Taxi Driver, ma non solo, diceva a proposito del Noir cinematografico dei suoi anni. Contaminazione tra letteratura e cinema, il Noir, identificato più come stile che come genere, muove i suoi primi passi dall’hard-boiled e dalle detective story, traendo ispirazione dalle pagine, tra gli altri, di Raymond Chandler e Dashiell Hammett. Delimitato in un determinato periodo storico, usualmente contenuto tra gli anni quaranta e la fine dei cinquanta, e dai confini del territorio statunitense, le tematiche, le atmosfere e i canoni del Noir vengono assimilati, digeriti e visualmente arricchiti dal Neo-Noir, esperienza filmica postmoderna, contestata, criticata e mal sopportata da tanti prestigiosi oppositori, autori e critici. Il Noir, con le sue atmosfere ed il nichilismo che ha caratterizzato molte delle pellicole ascrivibili al genere, scorie della grande depressione, riaffiora mentre l’America affronta il trauma della guerra del Vietnam. Diversi autori riprendono le atmosfere del Noir, mostrando quanto rappresenti un linguaggio cinematografico ancora vivo, da Robert Altman, Arthur Penn, Roman Polanski, Francis Ford Coppola a Lawrence Kasdan, solo per citarne alcuni, senza dimenticare che anche l’Europa ha subito la fascinazione magnetica del genere, come, per tutti, in A bout de soufflé (1960), di Jean-Luc Godard, film simbolo della Nouvelle Vague, omaggio al Noir americano, con un  Belmondo mai così bogartiano.

Qualcuno ritiene che il Neo-Noir sia un genere, altri un movimento, ma c’è anche chi lo reputa soltanto una definizione trendy, una categoria puramente immaginaria, creata all’uopo per definire opere moderne debitrici del Noir. Il Neo-Noir si è comunque ormai imposto nel cinema moderno e contemporaneo almeno come un filone cinematografico, in cui convergono grandi capolavori della settima arte. Si tende ad inserire nella categoria una serie di pellicole degli anni ’80 e ’90, che presentano alcune affinità con il Noir, condividendone diversi elementi, di natura tecnica, narrativa, visiva e linguistica. Dettare le coordinate di un genere che affiora a distanza di così tanti anni dal suo predecessore non è cosa semplice, anche perché viene da chiedersi se gli anni che hanno preceduto questa nascita o questa ri-nascita siano stati contrassegnati dalla totale assenza di nero o meno. Con L’infernale Quinlan (Touch of Evil), del 1958 si considera chiuso il ciclo del Noir, Forst Hirsc, in Detours and Last Highways, A Map of Neo-Noir, definisce il film di Orson Welles come la “pietra tombale rococò del noir”. Il film considerato il capostipite della nuova onda è invece Brivido Caldo (Body Heat), di Lawrance Kasdan, del 1981. L’opera di Kasdan ambisce a codificare ed a far risorgere gli elementi che avevano caratterizzato il genere Noir e Body Heat riesce certamente in questo doppio intento, si spinge oltre i suoi predecessori, oltre i titoli post-Noir che, ripercorrendo i topoi del Noir, avevano in precedenza, durante gli anni sessanta e settanta, dato spessore e continua nuova linfa al movimento. Il film di Kasdan dà una forma netta al Noir e riesce a dissipare i dubbi sull’annosa questione che lo avvolge, collocandolo all’interno di una qualificazione precisa e definendolo come genere autonomo. La difficoltà all’origine di una così ardua valutazione risiede nel polimorfismo del Noir e nella sua problematica etichettatura. L’epiteto è stato mutuato da una collana di romanzi polizieschi pubblicati in Francia da Gallimard, “Série Noire” e, utilizzato dalla critica francese del secondo dopoguerra per gli adattamenti di Raymond Chandler o Dashiell Hammett, l’appellativo è finito poi ad indicare un sottogenere del film poliziesco. Nel 1955 Raymonde Borde ed Etienne Chaumeton dedicano un loro scritto all’argomento, Panorama du Film Noir Americain, individuando gli elementi caratterizzanti del movimento nei particolari effetti interiori che genererebbero talune opere nell’animo dello spettatore, invece che nelle sue comuni caratteristiche strutturali, formali e narrative: “tutti i film di quel ciclo provocano un effetto emotivo simile: quello stato di tensione instillato nello spettatore quando i punti di riferimento psicologici vengono rimossi. Lo scopo dei film noir era produrre un’alienazione specifica”.

Le sottocategorie del genere vengono tracciate nel saggio L’albero genealogico del noir, dove Raymond Durgnant distingue diverse tipologie, isolando una serie di topoi che, rivisitati dal Neo-Noir, hanno trovato, in questo moderno erede, la loro ostentata formalizzazione: la femme fatale, bellissima, algida e diabolica, il detective privato, ostinato e caparbio, l’uomo comune che si getta nel crimine per provvedere alle proprie urgenti impellenze, il sicario, i gangster, l’amor fou che spinge gli amanti ad azioni indicibili, il killer nevrotico che, sovente, affoga i propri deliri nell’alcool o in qualche altra dipendenza, sono solo alcuni degli elementi che, variamente combinati, ricorrono nel cinema Noir dalle origini ai nostri giorni. Dal Noir, il Neo-Noir eredita però non solo i canoni riguardanti la caratterizzazione dei personaggi, ma anche, e soprattutto, le atmosfere, cupe e rarefatte, le notti interminabili, gli animi neri come l’asfalto bagnato, le giornate plumbee, l’alienazione e la solitudine umana, il nichilismo, elemento tanto caro al genere. Eppure il Neo-Noir non ha una vera e propria uniformità stilistica, ogni pellicola è un capitolo a sé, pur presentando elementi comuni, nelle tematiche, nella caratterizzazione dei personaggi e nei rimandi espliciti a quel progenitore così ambiguo, il Noir. L’impianto visivo è spesso caratterizzato da inquadrature in cui si alternano low e high-angle, l’uso della luce costituisce, esso stesso, una delle caratteristiche che accomuna diverse pellicole che rientrano in questo movimento, la costruzione di zone d’ombre, l’oscurità penetrata da lampi che illuminano una sezione d’immagine o le barre orizzontali che la recidono come una lama, come in numerose scene di Blade Runner, di Ridley Scott (1982), film considerato tra i pionieri del genere. La luce filtra in ambienti scuri, disegnando figure irregolari e linee oblique che, come accadeva già nell’espressionismo tedesco, rappresentano uno dei topoi visivi più ricorrenti. I chiaroscuri si accendono, trafitti da folgori luminose che all’improvviso lacerano i bui in cui sono immersi loschi figuri e donne fatali, proprio come accadeva tra le pagine di Spirit, di Will Eisner e più di recente nel Sin City, di Frank Miller.

Il Neo-Noir tenta strade e linguaggi filmici diversi tra loro, apparentemente distanti, manifestandosi come un essere polimorfo, si addentra nei meandri della fantascienza, si rinnova con l’esasperazione del remake e usando sovente idiomi dalla terminologia ironica e farsesca. Il lessico si aggiorna rispetto al suo genitore, adattandosi alla sua epoca, quella post MTV, il montaggio si fa più ritmico e serrato, i tempi diventano più nevrotici e la caratterizzazione dei personaggi cambia, la femme fatale non sconterà più la condanna per i suoi raggiri, ma godrà il frutto dei suoi imbrogli, basti pensare al finale di Brivido Caldo; i sicari si fanno più feroci e violenti; le truffe avranno sovente buoni esiti e i killer, ora, si avvalgono di una barbarie inusitata.

Nel Neo-Noir postmoderno cambiano anche gli scenari, si prediligono gli spazi aperti, lontano dai luoghi metropolitani del Noir classico, acuendo un senso di smarrimento ed isolamento, arsi dal sole o da una luce accecante, o persi in un delirio incoerente tra paesaggi glaciali e innevati, rimangono le feritoie trafitte dai lampi di luce e la magia di quella radiazione luminosa che, formando raggi orizzontali, seziona le scena; le veneziane semiaperte sono l’incanto classico che arriva intatto nell’era moderna del Neo-Noir.

La retrospettiva vuole porre in evidenza le caratteristiche del Neo-Noir, le contaminazioni classiche e letterarie, ripercorrere e discutere le critiche che gli sono state mosse, illuminando i canoni e le sfumature Neo-Noir di ogni opera e di come i vari autori hanno preferito trattare questo movimento cinematografico, nel tentativo di creare un tappeto per un dialogo aperto sul genere. Le pellicole scelte sono tre, ognuna a suo modo importante o determinante, ognuna porta in scena caratteristiche di un genere che ha contribuito a regalare al suo predecessore più classico uno status di genere ma allo stesso tempo, adattandosi alla sua epoca, lo ha arricchito rendendosene indipendente. Si va, proseguendo in modo cronologico, da Chinatown, del 1974, diretto da Roman PolaƄski, passando per L'amico americano, del 1977, di Wim Wenders, fino a Brivido Caldo, del 1981, di Lawrence Kasdan, film che, avvalendosi dei codici del Noir, ampliandoli, rivisitandoli e modernizzandoli, viene considerato, a tutti gli effetti, l’opera che segna l’inizio della nuova stagione.

 

 

Mariangela Sansone

 


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