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FASHIONISTA: LA SINDROME DELL'OSSESSIONE

April lavora con il marito in un emporio di abiti usati in Texas. La donna conduce una vita ordinaria, ma nasconde un  segreto: per placare le sue ansie, sniffa e palpa i tessuti, indossandoli e strofinandoseli addosso. Il marito invece è un accumulatore seriale, ossessionato dal fetish del possesso. I due vivono una relazione precaria basata sulle rispettive ossessioni.  Quando però April scopre che il marito la tradisce, la coppia va in crisi e le loro disfunzioni vengono alla luce.  Per ripicca la donna decide di concedersi a Randall, uno sconosciuto incontrato in un bar.  Randall è molto diverso da Eric: è un uomo ricco, di successo, che la seduce con i suoi modi raffinati e i suoi abiti eleganti.  Ben presto però quando la costringerà a praticare degli strani giochi sessuali, April scoprirà il lato oscuro di Randall e sprofonderà ancora di più nella sua dipendenza. 

Fashionista
è un film che non parla di persone, ma di dipendenze. Tutti i personaggi infatti non sono caratterizzati da una loro psicologia precisa, ma sono definiti e soggiogati dalle loro ossessioni, in particolare April. Interpretata da una strepitosa Amanda Fuller, già attrice per Rumley in Red White & Blue, April è il perno attorno a cui ruotano tutti gli altri personaggi e su cui poggia l’intera narrazione. Peccato che questo perno sia completamente instabile… Tutta la storia di Fashionista potrebbe essere definita come un racconto di deformazione: April infatti è una donna estremamente insicura, fragile, priva di personalità che per farsi apprezzare dagli uomini si trucca e si veste, modificando continuamente il suo aspetto. Non ha un’identità, ma è definita da ciò che indossa. La sua insicurezza poi si manifesta anche nel suo bisogno di controllo. Infatti non riesce a vivere da sola, ma si sottomette agli uomini che incontra, instaurando delle relazioni malate e  passando da un “padrone” all'altro: un marito infedele prima e un amante violento poi. Alla fine, in balìa delle sue manie, April finirà per impazzire e dovrà essere ricoverata in un manicomio, ma la sua disfatta sarà ancora più completa.

I temi centrali della storia, la dipendenza e la mancanza di controllo, si manifestano anche nello stile e nella struttura del film. Rumley, non a caso, decide di utilizzare moltissimi flashback e moltissimi flashforward per destabilizzare lo spettatore e fargli perdere completamente le coordinate spazio-temporali del racconto. Il montaggio quindi non è lineare, ma disarticolato e trasmette un senso di smarrimento che si accorda perfettamente con la parabola discensionale dei personaggi. La scenografia è poi estremamente funzionale a caratterizzare i protagonisti che vengono descritti dagli ambienti in cui vivono, piuttosto che dai loro comportamenti. Una casa disordinata e sovraccarica di elementi descrive la personalità di Eric, mentre una villa geometrica e asettica quello di Randall. Nel corso del film, poi, la fotografia diventa sempre più desaturata, così da descrivere meglio il crollo psicofisico di April.

Ma alla fine qual è il messaggio? Il messaggio che Rumley vuole trasmetterci è molto semplice: se diventiamo schiavi delle nostre ossessioni, finiamo per diventare le nostre ossessioni e perdiamo completamente la nostra identità. Fashionista quindi è un film audace, violento e atipico che non cerca compromessi con il pubblico, ma esprime al meglio la poetica del suo autore. Consigliatissimo.




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